Femminismo contadino: si ridefinisce “multitasting” il ruolo della figura femminile, dal dopoguerra ad oggi, nel convegno per l’8 marzo a Gattatico di Reggio Emilia presso l’Istituto Cervi
Un quarto del totale delle imprese emiliano romagnole è condotta da donne , il 70% degli agriturismi è a guida femminile mentre anche la totalità delle fattorie didattiche è gestita ‘in rosa’
L’incontro è stato promosso da Donne in Campo Emilia Romagna, l’associazione delle imprenditrici di Cia – Agricoltori Italiani
GATTATICO (Reggio Emilia), 8 MARZO 2018 – “Abbiamo bisogno di un femminismo contadino che dia visibilità al nuovo ruolo della donna in ambito agricolo, un ruolo da protagonista, anche negli ambiti politici e decisionali e nella rappresentanza. Un femminismo che sia affermazione delle proprie capacità, aspirazioni e libertà di scelta, e che ponga la donna come protagonista dei processi di costruzione di nuovi modelli di riferimento, attraverso la promozione dell’agroecologia, dell’associazionismo, della solidarietà e della comunità”. E’ netto il pensiero di Luana Tampieri, presidente di Donne in Campo Emilia Romagna, espresso al convegno per l’8 marzo tenuto all’Istituto Cervi di Gattatico nel reggiano, che ha visto un’ampia partecipazione di imprenditrici agricole e pensionate, chiamate da CIA, Donne in Campo, Anp (pensionati) ed Agia (giovani), con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e dello stesso Istituto Cervi.
“Nel 2018, le oltre 216mila aziende agricole guidate da donne in Italia (di cui 12.398 in Emilia Romagna secondo Unioncamere ) – ha aggiunto Tampieri – sono un patrimonio di tutto il Paese con un peso all’interno del mondo produttivo che non è dato solo dal numero delle titolari, ma anche da una capacità di innovazione che è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla multifunzionalità per le imprese agricole in ambito economico, ambientale e sociale”.
“C’è un patrimonio immateriale – ha proseguito – nel fare impresa al femminile che risponde in pieno ai nuovi bisogni della società postindustriale: la qualità della vita, l’identità, il benessere, il tempo della natura ed i suoi ritmi, la responsabilità sociale. È stato così in passato, ma soprattutto oggi le donne continuano ad essere portatrici di questa tensione verso la trasformazione, attrici di un nuovo femminismo contadino. Non possiamo però associare le donne esclusivamente alle attività collaterali delle aziende agricole. Molte contadine si occupano a tempo pieno del lavoro produttivo, guidano i trattori e gestiscono le incombenze burocratiche delle aziende. Insomma è frequente incontrare oggi donne multitasking, e assolute protagoniste della vita aziendale nei suoi aspetti produttivi e riproduttivi”.
Sono intervenuti, tra gli altri, Albertina Soliani, presidente Istituto Cervi, la storica dei movimenti contadini Valentina Iacoponi, Roberta Mori, presidente Commissione per la Parità e i diritti delle persone, Pina Terenzi, presidente nazionale Donne in Campo – Cia e Simona Caselli, assessore regionale all’agricoltura. “Le aziende condotte da donne sono un quarto del totale delle imprese emiliano romagnole che hanno ricevuto ad oggi 58 milioni di aiuti attraverso il Piano regionale di sviluppo rurale – ha detto Caselli – inoltre le imprese in rosa sono al di sopra della media nei regimi di qualità perché eccellono, ad esempio, nel il settore biologico, conducono quasi tutte le 350 fattorie didattiche e il 70% degli agriturismi”.
LE DONNE IN AGRICOLTURA IN ITALIA
Disparità che, almeno in agricoltura, appaiono superate. Tra vignaiole, allevatrici, imprenditrici ortofrutticole, le aziende femminili in agricoltura sono quasi il 30% del totale, pari a 214.857 imprese (fonte Unioncamere). Non solo, le donne sono a capo di più di un agriturismo su tre in Italia (il 36,2%) con 8.500 strutture turistiche in campagna -conclude Cia- mentre le lavoratrici rappresentano quasi il 40% della forza lavoro complessiva del comparto.
Mimosa, boom di vendite: + 7%
Quest’anno, complice l’andamento climatico favorevole che ne ha favorito la fioritura e prezzi stabili rispetto al 2018, si stima un aumento delle vendite del 7% in Italia, con quasi 13 milioni di “mazzetti” di mimose pronte. Più in dettaglio, i costi dei “mazzetti” di mimosa, che vanno in base al peso, partono da un euro fino ad arrivare a 10 euro, mentre le piante, il cui prezzo va in base alla grandezza del vaso, variano dai 6, 7 euro fino ai 60 euro. In particolare nella Riviera dei Fiori e in provincia di Savona, che è il polo principale per la mimosa in Italia e in Europa le previsioni sono di circa 15 milioni di euro di giro d’affari (90% provincia di Imperia, 10% provincia di Savona).In più, le vendite di mimosa hanno sempre un effetto trainante per la commercializzazione di altre specie di fiori recisi primaverili, come anemoni, ranuncoli, margherite.
8 marzo, Donne in Campo, Festa, imprenditrici agricole, Luana Tampieri