Fauna selvatica: tutela delle colture è una priorità
La preoccupazione per la “malagestione” della fauna selvatica emersa durante le assemblee con gli agricoltori, organizzate nei diversi areali produttivi del territorio da Cia-Agricoltori Italiani Ferrara, è unanime e all’insegna dell’urgenza, soprattutto dopo l’alluvione che ha colpito la Romagna e ha risparmiato per un soffio il ferrarese.
“Siamo consapevoli – spiega il direttore Luca Simoni – che le cause del cedimento degli argini dei fiumi a cui abbiamo assistito in queste settimane sono molteplici, ma non possiamo negare che il lavoro incessante degli animali fossori renda fragilissime le arginature di fossi e canali e metta in pericolo le persone e la produzione agricola. La domanda che si fanno gli agricoltori, ormai da anni, è sempre la stessa e ora tragicamente attuale: come è possibile sacrificare la tenuta idrogeologica ed economica diun territorio per salvaguardare specie non autoctone e prive di antagonisti che sono, in una parola, pericolose? Peraltro, oltre alle nutrie, sono arrivate in questi anni nuove specie che stanno proliferando in maniera velocissima e non sono nei piani di controllo, come colombacci, oche e daini che provocano danni ingentissimi a orticole e seminativi.
In un contesto complicato soprattutto dai limiti e dalla burocrazia è arrivato un emendamento della Legge di Bilancio, definito “norma sui cinghiali”, che consente alle Regioni di autorizzare il controllo delle specie di fauna selvatica ai coadiutori, anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane anche nei giorni di silenzio venatorio. Una norma che ha i suoi lati positivi – continua Simoni – ma che, di fatto, ha bloccato la possibilità ai possessori di una licenza di caccia di effettuare catture e abbattimenti nel proprio fondo perché per ottenere l’autorizzazione all’abbattimento occorre frequentare un corso di formazione specifico di 3 ore. E mentre aspettiamo che i percorsi formativi, seppur semplificati, vengano organizzati, siamo ostaggio di un vuoto burocratico e organizzativo durante il quale la fauna prolifera indisturbata”.
Per ovviare, almeno in parte, ai danni la Regione Emilia-Romagna ha pubblicato il bando per l’acquisto dei presidi di prevenzione che però non sono completamente efficaci.
“Sicuramente 3 milioni di euro per proteggere i raccolti dagli attacchi della fauna sono un investimento importante da parte della Regione – continua Luca Simoni – e, vista la situazione critica, si potrebbe pensare che siano già esauriti. In realtà non è così per ragioni che abbiamo già esposto agli organi regionali: i presidi sono difficili da gestire, non completamente efficaci e diventano addirittura un onere. Penso, in particolare, alle reti di protezione che in certi casi, non infrequenti, devono essere alte due metri e circondare l’intero appezzamento altrimenti, in caso di danni, non si ottiene il contributo. In caso di fondi piccoli possono rivelarsi efficaci ma se un’azienda, come sono spesso quelle del Basso ferrarese, arriva a 200 ettari la rete non è gestibile perché con la rotazione colturale è costretta a spostarle e magari deve comprare o adattare i macchinari per la pulizia di fossi e lo sfalcio che diventano operazioni complesse: sono ore di lavoro e un investimento economico a carico delle aziende che non si ripaga e con effetti aleatori. Non possiamo ancora sapere quale effetto avrà la nuova normativa ma siamo già certi – conclude il direttore di Cia Ferrara – che il controllo della fauna non possa più essere più condizionato da ideologie ambientaliste ormai obsolete perché semplicemente non c’è nulla di più importante della vita delle persone, del cibo necessario alla sopravvivenza e della sicurezza dei territori”.